EcoFoodFertility, il nuovo modello di valutazione dell'impatto ambientale sulla salute umana

Primi risultati dello Studio FASt (Fertilità, Ambiente, Stili di Vita)

Alto rischio riproduttivo nelle aree a forte impatto ambientale, dieta mediterranea e attività fisica per ridurre i danni degli inquinanti sulla fertilità.

E’ in corso di pubblicazione sulla prestigiosa rivista European Urology Focus (https://doi.org/10.1016/j.euf.2021.01.017) il primo lavoro dello studio FASt (Fertilità, Ambiente, Stili di Vita),  finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dal Dott. Luigi Montano, UroAndrologo dell’ASL di Salerno e Presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana. Lo studio ha visto la partecipazione di un importante partenariato composto dall’ASL di Salerno, l’Istituto Superiore di Sanità, le Università di Brescia, Milano, Napoli Federico II, il CNR e l’ENEA,  ed è il primo trial clinico mai realizzato al mondo sugli effetti della dieta mediterranea e dell’attività fisica sulla fertilita' di maschi giovani che vivono in alcune aree inquinate del Nord, centro e Sud Italia, classificate dal Ministero dell’Ambiente tra i siti contaminati di interesse nazionale per le bonifiche (SIN):  Brescia-Caffaro, in Lombardia, la Valle del Sacco (FR), Lazio e l’Area Nord della Provincia di Napoli (“Terra dei fuochi”), Campania. Da diversi anni a questa parte si assiste ad un aumento dell’infertilità di coppia e ad un peggioramento della qualità del seme degli uomini, e, nello stesso tempo, ad un aumento delle malattie croniche in diversi paesi del mondo, soprattutto in quelli emergenti o in via di sviluppo. Inoltre, dagli anni '90 a oggi si è osservato un aumento costante dei tumori in bambini e adolescenti nei paesi europei, per i quali ad oggi non vi sono fattori di rischio ben definiti. Secondo l’OMS, la prevenzione delle malattie croniche costituisce oggi una inderogabile necessità a livello mondiale. Per molti studiosi, la prevenzione delle malattie croniche va effettuata il più presto possibile nella vita di una persona, possibilmente nei primi anni di vita o addirittura prima della nascita, risalendo ai genitori, considerando i gameti, in particolare quelli maschili (più sensibili rispetto a quelli femminili agli stress endogeni ed esogeni), quale primo bersaglio di insulti indotti da cattivi stili di vita e inquinanti. “Queste evidenze epidemiologiche insieme a già consolidati studi di tossicologia animale che indicano chiaramente gli effetti transgenerazionali dei danni per via gametica, suggerirebbero dei cambi di paradigma sul fronte della prevenzione, per un’attenzione prioritaria alla sfera riproduttiva per una più efficacia azione di protezione della salute pubblica per le nuove e future generazioni. Sul fronte maschile, inoltre, il declino costante quali e quantitativo del seme maschile (solo negli ultimi 40 anni il numero degli spermatozoi per millilitro è calato del 52.4%), viene da più parti considerata un’emergenza assolutamente prioritaria per la salvaguardia della specie umana, su cui ancora non vi è piena di consapevolezza in ambito politico e sanitario”, dichiara Montano. Questo declino rappresenta lo specchio più fedele di quanto i cattivi stili di vita e l’inquinamento agiscono sulla salute umana, tant’è che gli studi del gruppo di ricerca del progetto EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it) da tempo indicano nel seme maschile un affidabile e precoce spia degli insulti ambientali (Spermatozoo Sentinella della Salute Ambientale). In linea con questi risultati, altri studi confermano il valore del seme maschile come indicatore di salute generale, mostrando come una bassa qualità dello sperma si associ ad una bassa aspettativa di vita sana ed una elevata mortalità per tutte le cause. Lo studio FASt è stato condotto nella fascia di giovane età (18-22 anni) proprio perché l’adolescenza è una fase particolarmente delicata  in cui è alta la plasticità psico-biologica e quindi più efficace potrebbe essere un intervento preventivo. Lo studio è stato particolarmente complesso: sono stati contattati circa ottomila ragazzi tra i 18 e 22 anni, tra i quali, sulla base di stretti criteri di inclusione, ne sono stati selezionati 630, di cui 344 hanno accettato di partecipare alla ricerca. Tutti i partecipanti erano sani, normopeso, non fumatori, non bevitori abituali. In totale, 263 giovani hanno completato lo studio, sottoponendosi a tutte le visite previste, con prelievo di sangue e di sperma e compilazione di un questionario, per tutta la durata della ricerca. I partecipanti erano divisi in un gruppo  “di intervento”, che ha seguito un intervento nutrizionale individualizzato per 4 mesi, secondo i dettami della dieta mediterranea, sotto la guida di un nutrizionista, accompagnata anche dalla fornitura di alimenti biologici, e un gruppo “di controllo”, che ha ricevuto solo alcune generiche raccomandazioni sullo stile di vita corretto. Al momento del reclutamento e alla fine dei 4 mesi a tutti i soggetti sono stati somministrati questionari (alimentari e sugli stili di vita) ed eseguiti esami ematici di routine, un esame standard del seme (numero, motilità, morfologia degli spermatozoi), una valutazione dello stato ossidoriduttivo, epigenetico, proteomico, e una determinazione della concentrazione di metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e policlorobifenili nel sangue e seme. “Questo primo studio sugli indici di fertilità ha evidenziato importanti rischi riproduttivi nella popolazione giovanile di queste aree, poiché una considerevole percentuale dei partecipanti aveva una motilità progressiva media degli spermatozoi inferiore ai valori di riferimento dell’OMS. Ciò è particolarmente preoccupante visto che abbiamo selezionato soggetti giovani, in buona salute, normopeso, non fumatori e non consumatori di alcolici, molti dei quali peraltro svolgevano anche regolare attività fisica”, aggiunge Francesco Donato dell’Università di Brescia. “L’aspetto più interessante della ricerca è rappresentato dal fatto che in soli quattro mesi la qualità dello sperma (numero, motilità, morfologia) e lo stato ossidativo sono risultati significativamente migliorati nel gruppo di intervento, a differenza di quello di controllo. Un dato significativo anche considerando che allo studio hanno partecipato ragazzi in buona salute, con uno stile di vita sano ”, continua Stefano Lorenzetti dell’Istituto Superiore di Sanità. “Dai risultati del nostro studio, possiamo pensare che i vantaggi di una dieta corretta e dell’attività fisica possano essere considerevoli anche in soggetti maggiormente esposti a fattori di rischio di malattie croniche, come gli obesi e i fumatori  e nostri studi in corso indicano il valore della dieta mediterranea con alimenti biologici per contrastare gli inquinanti e/o i loro effetti sulla salute”, conclude Luigi Montano.