i veleni «uccidono» la fertilità maschile - Il Mattino
I giovani nati e cresciuti nella Terra dei Fuochi o vicino all'Ilva di Taranto potrebbero avere danni al Dna da risultare poi o sterili o a fertilità compromessa. L'inquinamento potrebbe incidere in modo irreversibile sulla sfera riproduttiva maschile, in Italia e nei Paesi occidentali o comunque laddove si nasce e si cresce circondati da tossici ambientali. Il liquido seminale sembra, infatti, essere il primo a restare danneggiato nella sua produzione e maturazione biologica dai «veleni» di aria, acqua e suolo. Gli studi nelle aree della Terra dei Fuochi in Campania e dell'Ilva di Taranto danno un risultato inequivocabile: cala la qualità del liquido seminale, alterato il 35% del Dna spermatico. E quando la Natura individua le alterazioni attiva un «bottone rosso» per impedire la riproduzione del Dna «malato». Quindi induce sterilità.
Agli esordi dell'umanità era più facile che fossero le donne la causa principale di un'infertilità di coppia, oggi nell'era dell'inquinamento sta sempre più diventando problema maschile. A causa di spermatozoi «spenti» o del tutto «disattivati». Gli specialisti della Società Italiana di Riproduzione Umana (Siru) dal loro primo congresso nazionale tenutosi a Roma lanciano un allarme riguardo la sopravvivenza della specie umana nei Paesi occidentali (ma il problema riguarda anche molte metropoli orientali) e in particolare nelle zone ad altro rischio ambientale. Un'affermazione estrema supportata da studi recenti che dimostrano che la percentuale di milioni di spermatozoi per millilitro si sarebbe dimezzata negli ultimi 40 anni nei paesi occidentali (-59,3% nel numero netto di spermatozoi) e che in generale circa il 35% dei casi di infertilità ha una causa maschile. Un team di ricerca della Hebrew University di Gerusalemme ha dimostrato che tra il 1973 e il 2011 c'è stato un crollo spaventoso nella fertilità maschile, innescato da una netta riduzione nel numero e nella «qualità» degli spermatozoi presenti nel liquido seminale. I dati ricavati dai ricercatori, coordinati dall'epidemiologo Hagai Levine, sono: -52,4% nella concentrazione dello sperma e -59,3% nel numero netto di spermatozoi per gli uomini occidentali provenienti da America del Nord, Europa, Australia e Nuova Zelanda. In altri termini, la concentrazione media degli spermatozoi in 40 anni è passata da 99 milioni per millilitro a 47 milioni per millilitro.
Ma attenzione: sono dati e percentuali nella media, senza tenere conto dell'ambiente. Ecco che andando a valutare gli stessi dati in eco-sistemi «malati» si riscontrano percentuali impazzite verso l'alto. Perché? Innanzitutto, per le sostanze chimiche presenti nell'ambiente, come metalli pesanti, diossine e negli alimenti come agrofarmaci o insetticidi. Ma anche a causa di scorretti stili di vita e dell'inquinamento elettromagnetico. da IlMattino.it