EcoFoodFertility, il nuovo modello di valutazione dell'impatto ambientale sulla salute umana

Il PSA, indicatore di patologia prostatica del maschio, nella “femmina” può indicare un rischio da inquinamento ambientale

L' antigene prostatico specifico, meglio conosciuto con l'acronimo PSA, proteina (callicreina 3, KLK3) sintetizzata dalle cellule della prostata che viene misurato nel sangue del maschio per valutare patologie prostatiche ed in particolare il rischio di cancro alla prostata, il tumore più frequente negli uomini, secondo una ricerca appena pubblicata su Int. J. of Environmental Research and Public Health (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34444582/) può rappresentare un indicatore precoce di danno ambientale nella femmina.

La scoperta è il frutto di un lavoro tutto campano nell’ambito del progetto di ricerca EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it) coordinato dal Dott. Luigi Montano, UroAndrologo dell’ASL Salerno e Presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana. Il progetto, che da anni opera sul fronte maschile al fine di individuare indicatori precoci e predittivi di danno alla salute non solo riproduttiva in contesti ambientali inquinati a partire dalla cosiddetta “Terra dei Fuochi” in Campania, valutando il seme maschile come sensore della qualità ambientale e generale (Seme “Sentinella”), ha scoperto come il PSA dosato nel sangue delle donne, possa rappresentare un marcatore di danno ambientale. Fino a pochi anni fa si riteneva che il PSA nel sangue delle donne fosse assente, ma con l'avvento di Kit diagnostici più sensibili si è dimostrata la sua presenza in determinate malattie (tumore seno, colon ecc) ed è stata individuata la sede della sua produzione nelle ghiandole di Skene (omologa della prostata), ghiandole parauretrali dell’apparato genitale femminile esterno, capaci di secernere tale marcatore – dichiara Salvatore Raimondo- primo autore dello studio, responsabile del Laboratorio di ricerca Gentile di Gragnano (NA). Nello studio, secondo il disegno del progetto EcoFoodFertility, sono state reclutate 119 ragazze omogenee per età e stili di vita provenienti dall’area della Terra dei Fuochi ad alto inquinamento ambientale e dall’area sud di Salerno “Valle del Sele e parco del Cilento” a basso tasso di inquinanti. E’ stato dosato il PSA in tre periodi ben precisi del ciclo mestruale (fase follicolare, fase ovarica e fase luteinica)ed è emersa una variabilità significativa, tra i due gruppi di ragazze. In sintesi, nelle ragazze residenti nell’area inquinata è stata evidenziata una scarsa oscillazione del PSA nelle tre fasi del ciclo mestruale, con valori in assoluto più alti e con un picco opposto in fase ovulatoria rispetto alle ragazze residenti nell’area del salernitano.

I cambiamenti da noi riscontrati, durante le fasi del ciclo mestruale in donne residenti ad aree a diverso impatto ambientale, suggeriscono che il PSA possa avere un ruolo oltre le funzioni descritte da altri autori nei processi antimicrobici, desquamazione epiteliale vaginale e cervicale, e trasporto degli spermatozoi. Il nostro lavoro è quindi destinato ad aprire questo scenario per uno studio più allargato – commenta Marina Piscopo, biologa molecolare dell’Università Federico II di Napoli, coautrice dello studio. Come il seme maschile, con il progetto EcoFoodFertility sul fronte maschile sta fornendo sempre più conferme come precoce indicatore di danno alla salute da inquinamento ambientale, scoprire un possibile indicatore al “femminile” con tale potenzialità, ovviamente da confermare con campionamenti più estesi, rappresenta il completamento del progetto stesso che punta proprio a suggerire i biomarcatori riproduttivi come nuovi strumenti di valutazione di impatto ambientale utili ai policy makers per avviare modelli
innovativi per la sorveglianza sanitaria, la prevenzione primaria, integrando le politiche di sanità pubblica. in particolare. nelle aree a maggiore inquinamento – conclude Luigi Montano.

 

10/09/2021