Covid e inquinamento: così mettono a rischio la fertilità maschile
Fattori ambientali in sinergia col virus potrebbero danneggiare gli spermatozoi. Uno studio italiano
La fertilità maschile, già in declino, potrebbe essere messa ulteriormente a rischio da una pericolosa sinergia tra Covid-19 e inquinamento.
A lanciare l'allarme è un articolo dal gruppo di ricercatori italiani della rete del Progetto di Ricerca EcoFoodFertility coordinato da Luigi Montano, Uroandrologo dell'Asl di Salerno e co-presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana, SIRU.
Anni di ricerche in aree inquinate non solo italiane hanno già permesso di individuare proprio negli spermatozoi le prime sentinelle dell'inquinamento ambientale, in grado di predire il futuro impatto sulla salute degli inquinanti. E ci sono già studi che evidenziano la relazione tra inquinamento e intensità della pandemia, "ma oggi cominciamo a capire come l'azione combinata del virus e dell'inquinamento comprometta la fertilità maschile, tracciando uno scenario preoccupante per i prossimi anni", spiega Montano, primo autore dello studio pubblicato sull'International Journal of Environmental Researchand Public Health.
Da decenni i ricercatori segnalano un declino preoccupante della qualità dello sperma, con dirette conseguenze sulla fertilità, a causa di meccanismi legati dall'ossidazione, all'infiammazione e alle alterazioni del sistema immunitario causante dagli inquinanti.
"Un altro studio che abbiamo pubblicato poche settimane fa mostra come le qualità degli spermatozoi sia un potenziale indicatore di suscettibilità agli attacchi del virus SARS-CoV-2 nelle aree inquinate", commenta Montano. La nuova ricerca, un'ampia rassegna che ha coinvolto ricercatori di diverse discipline e provenienze, fa un passo avanti mostrando che l'azione sinergica fra Covid-19 e inquinamneto potrebbe ridurre ulteriormente la produzione di spermatozoi, danneggiando la compromessa capacità riproduttiva maschile.
"L'inquinamento aumenta la produzione dei recettori ACE 2, che sono 'la porta di ingresso' del virus nell'organismo. E che sono particolarmente presente nei testicoli", spiega Montano. Un dato che, tra l'altro, potrebbe forse spiegare la maggiore vulnerabilità maschile al COVID. Su questo non ci sono ancora conferme, "ma pensiamo che la maggiore disponibilità di questo recettore in presenza di alcuni inquinanti possa spiegare la più alta contagiosità e impatto del Covid -19 nelle aree inquinate" ricorda il ricercatore. Si tratta di segnali che evidenziano una pericolosa sinergia tra i meccanismi molecolari comuni degli inquinanti e dell'infezione da Covid-19, a danno della fertilità maschile anche a medio e lungo termine.
"Saranno necessarie indagini molecolari più fini: oggi sappiamo che il solo spermiogramma si è dimostrato insufficiente per definire la capacità fecondante di un liquido seminale", commentano due biologi molecolari coautori dello studio, Marina Piscopo, dell'Università di Napoli Federico II e Ian Marc Bonapace, dell'Università Insubria di Varese.
La pandemia potrebbe accelerare il già diffuso declino della fertilità maschile, anche considerato il progressivo abbassarsi dell'età media di infezione e l'incremento di stress ossidativo generato dal virus, che è già di per se un'importante causa di infertilità. "Senza dimenticare",conclude un altro degli autori, Nino Guglielmino, co-presidente di SIRU, "che restano da indagare gli effetti del virus sull'apparato riproduttivo femminile, di cui ancora, sappiamo poco"
Fonte: www.repubblica.it (05/07/2021)